I NO che immobilizzano Roma
18:47Dal punto di vista economico, finanziario e dell’occasione che fa (qualche) uomo ladro. Ma gli strumenti di contrasto ci sono e altri se ne sarebbero potuti trovare. Anche, o soprattutto, in maniera condivisa. La questione non è il “no” all’evento di per sé. È il “no” all’idea di una città diversa, di una visione evoluta. Per questo nelle motivazioni del rifiuto si è continuato a ragionare sui termini stretti di un conto economico. Ma qui non si tratta di fare il saldo tra soldi spesi e panini venduti. Ospitare i Giochi avrebbe rappresentato un passo di apertura verso una dimensione ben superiore al raccordo anulare. E anche l’occasione per restituire ai cittadini strutture funzionali e soprattutto funzionanti visto che – secondo la ricerca di Openpolis - con 0,16 centesimi Roma è ultima tra le grandi città italiane per spesa pro capite per gli impianti sportivi.
Brexit e Roma: La nostra grande opportunità
08:33Una lettera da Londra, una testimonianza per Roma
14:17Mi chiamo Davide Fioranelli e vi racconto brevemente la mia storia.
Mare capitale: il vantaggio competitivo di Roma
23:23Roma, oltre i beni culturali con la cultura contemporanea
22:42Smartworking, la parola magica che salva Roma
00:04C'è un grande prato verde... La mia piccola storia (di successo) contro la burocrazia
09:57Fuori dal mondo, Video completo della presentazione della ricerca
11:33Video completo di Radio Radicale della presentazione della ricerca "Fuori dal mondo. Come Roma può attrarre investimenti dall'estero, per essere una vera città globale: unica, vera, chance per lo sviluppo" che si è tenuta lunedì 21 marzo 2016 con la partecipazione di Marco Esposito (direttore di giornalettismo.com), Antonio Preiti (direttore di Sociometrica), Carlotta Cà Zorzi (responsabile per le Questioni Regolamentari di Telecom Italia Media), Giancarlo Scotti (presidente di Urban Land Institute Italia), Roberto Tamburrini (esperto di finanza immobiliare), Piercarlo Rampini (architetto), Mario Sechi (giornalista), Marco Martorelli (direttore di LibertàEguale).
Fuori Dal Mondo
21:43Cari amici di Wikiroma... uno scambio ruvido (di idee)
09:29La cultura e la rigenerazione urbana di Roma
20:06Roma ha bisogno di un grande piano di rigenerazione urbana che investa l’intero territorio e ricostruisca il rapporto con le aree periurbane e con i Comuni che fanno parte dell’area metropolitana. In questi anni la politica amministrativa non ha saputo unificare, in un disegno urbano, il centro storico e le periferie, indebolendo il tessuto sociale ed economico della città, consumando suolo agricolo, agevolando così l’abuso edilizio. Lo stesso patrimonio culturale, che contribuisce in grande misura ai processi di riqualificazione dei territori, in centro (vedi le ex caserme di Via Guido Reni) come nelle periferie (vedi Appia Antica), è stato oggetto di interventi sporadici e senza una connessione con i contesti urbani che connotano la città, i suoi quartieri. Intere aree a forte connotazione culturale, come Ostia Antica, restano disconnesse dalla parte moderna, oltre che dal resto della città, in assenza di una visione dello sviluppo unitaria e coerente. La “divisione dei ruoli” fra Stato e Comune ha generato quindi una frammentazione degli interventi di riqualificazione del patrimonio culturale pubblico e reso più difficile la costruzione di una moderna offerta culturale connessa con i contesti territoriali. Stato e Città Metropolitana dovranno mettere da parte contrapposizioni e gelosie istituzionali per imboccare una stagione di leale collaborazione in attesa di scrivere uno specifico statuto per Roma.
E’ stata mortificata l’architettura di qualità e si sono emarginate iniziative, competenze e professionalità, soprattutto delle giovani generazioni che si sono preparate all’esercizio di una professione all’interno della filiera dell’edilizia di qualità e dei processi restaurativi. Le Università romane, che fino a un decennio fa sono state attive protagoniste nel disegnare lo sviluppo urbano, sono rimasti ai margini, con uno spreco di saperi e di competenze che hanno lasciato ampio margine di azione a figure poco qualificate ma ben inserite nel sottobosco delle clientele. E’ ora di valorizzare appieno le competenze scientifiche presenti nelle Università romane.
I piani di risanamento delle periferie, delle aree degradate, vanno costruiti con la partecipazione attiva dei cittadini sia nel processo decisionale che nella gestione di spazi pubblici, spazi comuni (a partire dai giardini pubblici, dagli spazi destinati a bambini e anziani, dagli orti urbani, dai luoghi dedicati alle attività di coworking e da quelli destinati ad attività culturali), mettendo in valore la sostenibilità sociale intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano sul piano della sicurezza, della salute, dell’istruzione, della democrazia. Valorizzare la cittadinanza attiva, intervenire nei quartieri secondo un disegno organico che “riconnetta” le periferie con il centro storico, rianimare l’offerta culturale inserendola pienamente nei programmi di rigenerazione urbana, fare delle scuole la prima grande infrastruttura sociale dei quartieri, sono alcuni degli elementi che possono contribuire a ricostruire una città coesa e solidale dove il mantenimento dell’ordine pubblico si accompagna a politiche di integrazione ad ampio spettro sulla base di un welfare plurale. Una politica di lungo respiro così connotata non insegue la ricerca di un modello innovativo di gestione del patrimonio museale, archeologico,monumentale ed espositivo della città, immaginandolo come un ambito separato e quindi sconnesso dalle politiche urbane, ma ridisegna i luoghi e le funzioni in ragione di obiettivi strategici e diuna visione unitaria dello sviluppo prossimo della città. In altri termini ridefinisce gli obiettivi e i ruoli delle istituzioni culturali, valorizzandoli e ricollocandoli nel cuore delle politiche urbane. La sfida è quindi coniugare la rigenerazione urbana, a dimensione metropolitana, con l’innovazione sociale e culturale, per costruire una città che non sia solo un luogo fisico ma anche valoriale e culturale in cui i cittadini possano riconoscersi.
Ledo Prato
La Roma che non t'aspetti: capitale dello spazio!
09:25Le industrie creative e culturali: dove Roma può vincere!
00:47La Vita dei Romani: Tutti i dati, tabelle e grafici
11:23La Vita dei Romani: il Report completo
11:17Roma e le Olimpiadi necessarie: una testimonianza
16:44Roma e Milano: utopie e fango nella competizione fra città
12:00Roma e Milano, gemelle e opposte, e sempre in lotta per chi rappresenti meglio l'identità dell'Italia, (lotta vana, per altro, in un paese molteplice come il nostro), anche in queste elezioni presentano ragioni di riflessione e di competizione.
Qual è il punto? Milano sembra oramai in corsa per eleggere alla carica di sindaco una figura che potremmo definire di "city manager rafforzato". Detto con nessun senso riduttivo (e lo si capirà tra un attimo), si tratta di una scelta che, non casualmente, poteva accadere solo a Milano. E vedremo tra un attimo perché.
Roma s'appresta a scegliere comunque un politico (Bertolaso è cresciuto dentro l'humus politico non meno di un politico di professione) e, ancora una volta, sembra distanziarsi da Milano, o meglio, dandogli un'interpretazione un po' con il pregiudizio, sembra arrancare rispetto a Milano proprio in questo, nella non scelta di un manager. Dove per manager s'intende uno che fa le cose, le porta a compimento, insomma un uomo del fare, per seguire la semplificazione giornalistica.
Allora qui arriva la prima considerazione. Milano ha già, e da tempo, risolto i problemi della civicness o, per usare termini più neutrali, il problema del funzionamento di base della città e del ruolo e della qualità della sua macchina pubblica. Milano è entrata da tempo in quella sfera di competizione globale che si chiama mercato dell'attrazione. Dove il termine è onnicomprensivo, come attrazione degli investimenti, attrazione turistica e attrazione dei nuovi residenti. Città che attrae, attrae in tutte le cose; città che respinge, respinge in ogni cosa. È la semplice regola della competizione tra le città. Dove si allocheranno i grandi capitali internazionali? A Milano o a Singapore? A Seul o a Rio de Janeiro? Non sono nomi fatti a caso, ma indicano che la competizione globale si svolge esattamente su questo piano: una città vale l'altra, quel che conta è la loro capacità di produrre ricchezza. Milano gioca in questo mercato.
La politica di cui Milano ha bisogno è quella di rendere compatta la sua comunità e di presentarla al meglio sul mercato globale della competizione tra le città che decidono i destini del mondo. Non è facile neppure per Milano, ma il campionato è quello. Poi, certamente, esistono le questioni di giustizia sociale, di pari opportunità per tutti, di equilibrio economico nelle classi sociali. Ma questi problemi si risolvono più facilmente quando la ricchezza cresce, perché quando diminuisce è quasi impossibile. Su questo oggi ruota la funzione della politica a Milano e il buon governo meneghino.
E Roma? Non avrebbe anch'essa bisogno di un "city manager potenziato"? Eh no, Roma ha bisogno d'altro. Roma che è naturaliter più capitale di Milano, e più globale di Milano (per storia, ambizione e potenzialità) ha problemi d'altra natura. Il problema numero uno di Roma è di ritrovarsi come collettività. Sembra una cosa astratta, ma è la cosa concretissima che la città non riesce a risolvere, e che negli ultimi anni sembra aver smarrito in maniera clamorosa. Roma ha bisogno della politica come l'arte di mettere insieme le persone, indicare una strada e realizzare le attese collettive. Roma ha bisogno di demiurghi che ne plasmino forme e contenuti secondo le necessità di questo nostro tempo, qui e ora.
Roma ha bisogno che le regole siano semplici e siano rispettate (il mondo contemporaneo, a cominciare dalla rivoluzione digitale, vuole immediatezza, semplicità, velocità); ha bisogno di uccidere la bestia che si è incuneata in molti ambiti della macchina pubblica, dove l'interesse particolare, illecito e lecito, si è allargato a dismisura. Ma c'è un problema più ampio, che è quello di rendere più forte il senso d'appartenenza alla città di ciascuno. C'è bisogno che il sindaco sia, in qualche modo, il centro di riferimento morale della città. La politica allo stesso tempo produce decisioni, coagula interessi e crea un rapporto simbolico con la città, nel bene e nel male. Oggi Roma ha bisogno di riscoprire la politica al suo massimo livello di ambizione: qualcosa che possa innescare una rigenerazione della città. Ci può riuscire un city manager? Non propriamente. Questo non vuol dire, naturalmente, che per Roma serva la cura delle parole, invece di quella dei fatti. No, serve la cura delle parole e dei fatti insieme, in stretta correlazione, in un infinito rimando tra le cose dette e quelle fatte, tra la percezione dei molti e la visione dell'uno (il sindaco). È una questione molto più complessa, che però ci porta, alla fine, a capire che proprio a questo serve la politica.
C'è una scintilla che Roma aspetta da troppi anni: quella che scatti tra un'esigenza latente della collettività di avere finalmente una città ordinata, facile, elementare, e la manifestazione chiara di questa ambizione anche nella classe dirigente locale. È questa scintilla che è mancata e che i Romani aspettano, finora invano. È questa scintilla che divide un leader da qualunque altro esponente politico che, semplicemente, pensa a gestire le cose, in una visione, questa sì, riduttiva, inutile, senza futuro e senza rispecchiamento collettivo.
E Roma ha anche bisogno che siano definite quelle tre/quattro cose strutturali che cambino davvero il volto della città e anche la sua anima, la sua testa. Ci vogliono idee-guida forti, non forti perché siano declamate con enfasi retorica, ma perché hanno dentro la capacità di scardinare davvero le cose, l'attuale disperante assetto di tutto ciò che è pubblico. A esempio, si può pensare a modernizzare la città e colpire al cuore la corruzione rendendo il cambio delle destinazioni d'uso spesso frutto di corruzioni o di pressioni politiche in qualcosa di trasparente, redditizio per il Comune e capace di attrarre investimenti stranieri? Si può pensare di sciogliere il rapporto incestuoso tra il comune di Roma e l'Atac, dove il primo è azionista e, nello stesso tempo, controparte dei contratti di servizio con la stessa Atac? Si può pensare al rilancio della cultura introducendo forme giuridiche nuove (le Fondazioni) al posto dell'attuale struttura tutta dentro la pubblica amministrazione? Sono tre linee di lavoro che hanno in sé un motore di cambiamento straordinario.
Chi può affermare queste (o altre) nuove idee che cambino radicalmente Roma, se non un sindaco-politico, nel senso prima detto? Possiamo trovare una strada che non sia l'utopia di chi ha la testa tra le nuvole o il realismo di chi sta con i piedi nel fango? Si può risollevare Roma senza il concorso diretto, convinto, impegnato del suo popolo? E chi lo può raggiungere questo risultato se non un politico, cioè una persona che nasca dall'investitura popolare nella sua intenzione di cambiare radicalmente Roma?
Anche questo, alla fine, è semplice. Bisogna che chi si candidi a Roma esprima con chiarezza le cose che intende fare, e se queste sono capaci di scardinare l'attuale status quo, ancor meglio. E con chiarezza indichi alla gente di scegliere, cioè di sostenerle. Con questo spirito, forte del consenso popolare, potrà davvero cambiare le cose con il concorso di tutti. La ricerca del consenso sganciato dalla chiarezza è quello che ha portato la città al disastro.
E sarà così che Roma, senza aver scelto il suo "city manager potenziato", si troverà miracolosamente nella competizione globale tra le città che determinano il destino del mondo. La premessa è che decida il suo, di destino, prima di tutto.
Le radici del male: come salvare ATAC, senza essere Napoleone
12:44E' un rapporto perverso, che vede il Comune di Roma nella duplice veste di azionista assoluto delle aziende di trasporto e, nello stesso tempo, di controparte dei contratti di servizio. Da un lato è proprietario di ATAC e dall’altro considera ATAC suo cliente e fornitore di servizi. Un’insensatezza allo stato puro. Una circolarità viziosa che non rende nessuno responsabile di niente. Se a questo aggiungiamo l’influenza esercitata dai politici locali e i micro (o macro) interessi che questi ultimi rappresentano, il quadro è pericolosamente completo.
I fondi europei e Roma: una nuova possibilità per la città
10:50In una metropoli come Roma siamo tutti consapevoli della necessità di affrontare le esigenze e le emergenze che derivano dalle condizioni di vita dei vecchi e nuovi poveri, dal degrado fisico e sociale delle periferie, dalle insufficienze abitative, dalla pressione di migranti e dei residenti, dall’invecchiamento e dall’inadeguatezza dei servizi.
Cambiare il welfare! non solo pubblico, non tutto pubblico. L'esempio del welfare condominiale
11:45Camminano, cucinano, si curano e si lavano con qualche difficoltà, avrebbero bisogno di aiuto per non confondere i farmaci, andare a prendere la pensione, fare la spesa e pagare una bolletta. Sono molti gli anziani autonomi o con qualche lieve disabilità, che non hanno bisogno di un'assistenza sanitaria specifica ma sono abbastanza fragili da non riuscire a fare tutto da soli. Non vivono in condizioni di estremo disagio, ma non possono permettersi un aiuto né tanto meno la retta di una casa di cura. Spesso tutto è carico delle famiglie, se ci sono e se possono (tempo disponibile e/o impegno economico). Un’idea ….
Anatomia dell'ATAC, un report con dati, confronti e analisi del grande buco nero di Roma
09:38L'archeologia ha un immenso potenziale, inespresso
18:21Basta andare sul sito del Comune di Roma e leggere qualche riga:
”La città con la più alta concentrazione di beni storici e architettonici al mondo; il suo centro storico delimitato dal perimetro delle mura aureliane, sovrapposizione di testimonianze di quasi tre millenni, è espressione del patrimonio storico, artistico e culturale del mondo occidentale europeo e, nel 1980, insieme alle proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e la basilica di San Paolo fuori le mura, è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Roma, cuore della cristianità cattolica, è l’unica città al mondo ad ospitare al proprio interno uno stato straniero, l’enclave della Città del Vaticano: per tale motivo è spesso definita capitale di due Stati. Oltre il 16% dei beni culturali mondiali si trova a Roma (il 70% in tutta Italia).”
Benvenuta wikiroma!
11:26È tempo che ciascuno secondo la sua volontà, le sue capacità e il suo modo di vedere le cose, si occupi di Roma, a partire da chi a Roma ci è nato, o ci vive, o semplicemente l’ha scelta come sua città temporanea. Se avessimo un briciolo di retorica in più, diremmo che se ne dovrebbe occupare anche il resto del paese, perché è la sua capitale e perciò, a torto o a ragione, lo rappresenta più di ogni altra cosa.
Il nostro punto di vista è semplice: siamo persone variamente impegnate nel lavoro, ma non dimentichiamo che c’è una dimensione esterna, oltre a quella personale, familiare e lavorativa. Quella che si definisce sociale, che a noi piace dire la nostra città. Di questo ci vogliamo occupare, nel tempo che abbiamo a disposizione, di quel tanto o poco d’intelligenza di cui siamo capaci, della volontà, che invece abbiamo tutta, di non lasciare che le cose, come in un’inerzia senza responsabilità, scivolino verso il basso, senza cambiare.
Ci si può prendere cura della città in tanti modi. C’è chi si occupa di pulirla, con iniziative coraggiose in cui i cittadini suppliscono alle mancanze pubbliche; c’è chi si occupa di dare prospettive nuove alla politica, magari con generosità, in un momento in cui la politica gode di una pessima fama; c’è chi semplicemente cerca di far bene il proprio lavoro, magari la sua missione pubblica, ed è questa rivoluzione molecolare, forse, che è la più necessaria per rigenerare la città.
Noi che facciamo? Abbiamo pensato che fosse utile, urgente e, forse addirittura, indispensabile, mettere in rete, fisicamente e idealmente, le nostre proposte per cambiare profondamente la città. Le cose cambiano quando c’è la volontà, o la necessità, che è ancora più forte della volontà, di farlo; ma bisogna anche avere le idee giuste con cui armare la volontà. Ci indispettisce che altrove, nelle altre capitali europee, la modernità, che significa regole semplici, efficienza, autentica missione pubblica, faccia parte già della vita quotidiana, mentre a Roma ci sembra difficile, complicata, impossibile.
Di questo vuoto di idee è responsabile non solo la classe dirigente, in senso generale, che ha avuto (sprecandole) le redini della città, ma anche la rinchiusura nel privato, nel personale, nell’ambito del proprio lavoro, di tante, di decine e centinaia, addirittura forse migliaia, persone valide, capaci, pregevoli, che hanno preferito non occuparsi di Roma, di non essere generosi con la propria città.
La follia, a pensarci bene, è stata proprio pensare che Roma fosse solo uno spazio esterno indistinto, apprezzabile, o non apprezzabile, per la sua funzionalità, ma non la propria città, la propria comunità, quell’insieme di luoghi, strade, angoli, piazze, dove si svolge la nostra vita. La follia è aver pensato che si potesse star bene nel proprio piccolo, mentre tutto il resto cedeva sotto i colpi dell’incuria. La follia, alla fine, è pensare di vivere in una città a cui non si dedichi nessuna attenzione.
Perciò ci siamo messi assieme; ci siamo domandati come possiamo davvero contribuire a modernizzare Roma, come riusciamo a farla diventare una città contemporanea, piena di futuro, oltre che di passato; ci siamo detti come possiamo mettere le nostre competenze, le nostre idee, quel che tanto o poco sappiamo, a disposizione di chi, magari, volesse realizzarlo, a ogni livello di governo, cominciando naturalmente dal comune, e in ogni ambito della vita collettiva.
Perciò siamo qui e invitiamo chiunque abbia la stessa urgenza, visione e volontà, di contribuire a scrivere insieme un pezzo dell’enciclopedia collettiva del cambiamento da realizzare. WikiRoma vuol essere questo: un luogo, dove ciascuno ha l’opportunità di mettere in comune le conoscenze, le competenze e, soprattutto, di sentire l’emozione di occuparsi, ancora o di nuovo, di una città infinita come Roma.