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Cari amici di Wikiroma... uno scambio ruvido (di idee)

Cari amici di wikiroma, 

nei miti e nei riti della romanità contemporanea, l’Urbe è ormai nulla più che un oggetto. Oggetto nella piena disponibilità di… Romani, nativi o naturalazzati, ormai barbari invasori di se stessi. 

Il medesimo atteggiamento assume maschere diverse. Il cinismo acquattato di Andreotti prese e conserva tante delle maschere di Alberto Sordi. Il cinismo un poco più affettato di Rutelli e Veltroni ha preso quella del morettiano Giovanni Apicella. Il cinismo sfacciato di Alemanno ha preso quella di tanti dei personaggi del Bagaglino. 

Alla finta anima di nessuna di queste maschere è mancato il finto conforto con zelante e cupida solerzia approntato dall’esponente ecclesiastico di turno (laico o ministro che fosse). 

Roma è materia e maceria. Ora solo si attende di sapere quale sarà la maschera renziana o se, come è più probabile, tutte a rotazione verranno indossate e dismesse, sfruttate, denunciate e riprese. Come nel caso della maschera pseudo-sonniniana apparsa con le fattezze del da sempre ex sindaco Marino. 

Se Roma non riaderisce alla propria personalità, resterà ancora materia in forma di maceria ed i romani cinici barbari di se stessi. Incantati che ostentano disincanto, schiavi che si credono liberi, e per di più furbi. Tuttavia Roma è anche la più antica comunità ebraica, senza soluzione di continuità tra il momento presente e quello della propria formazione. 

Tuttavia Roma è anche luogo in cui si comprese e con la cui lingua si disse e si dice la irriducibilità del diritto alla legge (religiosa o politica che sia), diritto che oggi prova a tornare e dice se stesso comune e romano. Tuttavia Roma è anche teatro del primo grande tentativo di mettere all’opera la globalizzazione come fattore di riforma, il Concilio Ecumenico Vaticano II, e successivamente teatro di una inevitabile perversa resistenza alla riforma spirituale. 

Città (… civitas, non polis!) dell’ironia (riconoscere il contingente per quello che è), del diritto (ius, non solo lex), della riforma. Se c’è bisogno di spiegare l’intimo legame tra città, diritto, ironia e riforma vuol dire che siamo davvero messi male. 

Roma non è nulla, come i cinici preferiscono. 

Tuttavia Roma è ancora qualcosa, ha ancora una personalità: ironia, senso del limite, responsabilità. Se resta materia e maceria, se non si affida all’anima della propria personalità, Roma resta provincia di se stessa, luogo di non infinito ed anzi ormai quasi esausto auto-saccheggio. Se si lascia ispirare dalla propria personalità Roma può ancora provare ad entrare nel novero della global cities: l’unico standard che può assicurare esistenza. Il tempo rimasto, però, è davvero poco. 

Dopodiché l’indice del programma è già scritto: aeroporto (e porto, e rotaia, e highway), strade sicure (polizia decisa, tribunali giusti e rapidi), scuole (ma non dello Stato cinico e maleducato per definizione). Il resto viene, o segue. 

O civitas o regio: via la regione da Roma dunque. E poi a Roma “Stato” e Vaticano debbono pagare per occupare suolo pubblico, e molto. E molto rimborsare per quanto hanno inquinato la religione non meno che la politica. E di questo può vivere il Campidoglio. Tutto il resto, a partire dal controllo della sicurezza delle strade, ai municipi, perché tra territori autonomi e contigui si può sì generare una competizione per localizzare scuole, negozi, studi professionali, servizi alla persona ed imprese. E da subito rigida divisione di competenze tra Campidoglio e municipi.

Luca Diotallevi




 *** 


Caro Luca,

cosa prendiamo dalla cesta? 

“Barbari di se stessi”,  felicissima espressione (ma sarà vera?) per dire dell’impossibilità di “correggere” i Romani? o l’idea delle “maschere” politiche? e cosa dire di quel lampo di città globale che proprio Rutelli sindaco ha generato, con la nascita dell’auditorium,  prima opera “globale” della città, o quando chiami “maschere renziane” proprio la caduta delle maschere, con Giachetti che non ne ha mai indossata una, o dobbiamo prendere la “finta anima”? ma chi siamo noi per dire di un’anima che è finta? 

Cosa prendiamo dalla cesta? 

L’idea dei Romani furbi che si credono liberi, mentre sono schiavi. Ma di chi? di loro stessi, sembrerebbe. Ma è una schiavitù particolare, non credi? e se ostentano il disincanto, da cosa sono incantati? dalla loro stessa furbizia? forse. Però sembra un moto circolare, Battiato direbbe, "senza un inizio, né una fine". Prendiamo l’idea di Roma come “materia e maceria”? l’espressione è bellissima. Ci dice che la città, alla fine, è materia, e hai voglia a produrre retorica, perché anche la città eterna è fatta di carne e ossa, perciò materia. Ma aggiungi che Roma deve riaderire alla sua personalità e sembra proprio che ne abbia una! Insomma la sua materia sarebbe già maceria, ma uno spirito si eleverebbe dalle sue rovine fumanti.  Bella l’immagine, ma è vera? 

Cosa prendiamo dalla cesta? 

La bellissima espressione di Roma come civitas e non polis, dell’irriducibilità del diritto alla legge. Insomma della Roma radice della nostra civiltà occidentale. Questo ci piace. Come ci piace l’ironia che attribuisci a Roma come suo carattere indelebile: anche questo ci piace. Così come ci piace che tu ricordi come la città contenga la più antica comunità ebraica. Una eternità contemporanea, si direbbe, imitando il tuo linguaggio. Anche questo ci piace. Allo stesso modo l’immagine di Roma “provincia di sé stessa”, pericolo in agguato, se non riprende la sua personalità, è la nostra stessa preoccupazione. E dire che un impero, che ha creato per la prima volta nella storia del mondo, l’idea stessa di provincia, finisca poi con l’essere, appunto, “provincia di sé stessa” ci sembra un paradosso che non possiamo arrischiare. Anche questo ci piace. 

Cosa prendiamo dalla cesta? 

Prendiamo la tua idea, che è la nostra, dell’unico destino possibile oggi per Roma, di essere una città globale, insomma una delle città che determinano il destino del mondo. Perché tutte le analisi ci dicono che il centro del mondo oggi, più che nelle nazioni o nelle regioni, è tornato nelle città. Se il futuro è delle città, Roma deve entrare in questo futuro proprio come città, non solo come capitale del paese. Questa idea ci piace molto, questa idea per noi è fondante, oltre che fondamentale. E ci piace un’altra idea che metti in coda alla tua lettera. L’idea che i territori della città debbano entrare in competizione tra loro, per attrarre talenti, capitali e migliorare, con la competizione tra territori, dando una nuova vita alla città. È l’idea di riprodurre in piccolo (dentro Roma) quello che sta succedendo nel mondo: lì dove c’è la competizione tra città diverse, qui ci sarebbe competizione tra municipi diversi. Idea affascinante. Dovresti spendere qualche riga di più, perché è un’idea spiazzante e fruttuosa. 

Come vedi, abbiamo preso e scartato; scartato e preso. Siamo wiki anche in questo. Pur di avere un’idea fresca, nuova, potente, siamo disposti a scartare molte cose. Proiettando questo metodo su una scala più grande, è questa l’opera che oggi tocca ai Romani, non solo ai wikiRomani: quello di una feroce ricerca delle idee nuove su cui (ri)costruire la città. Per farlo si passa su tutto, anche su giudizi che, talvolta, non condividiamo. 

In attesa dello sviluppo dell'idea della competizione tra territoti...

Antonio Preiti
  • 0
  • 11 marzo 2016
Antonio Preiti Antonio Preiti Author

Un blog per raccogliere idee, proposte e opinioni sulla modernizzazione e la rinascita di Roma.

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